𝗦𝗠𝗔𝗥𝗧 𝗖𝗜𝗧𝗬: 𝗹𝗮 𝗰𝗶𝘁𝘁𝗮̀ 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗹𝗹𝗶𝗴𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗲̀ 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗿𝗲 𝘂𝗻𝗮 𝗰𝗶𝘁𝘁𝗮̀ 𝗴𝗶𝘂𝘀𝘁𝗮.

Spesso sentiamo parlare di smart city come di un’idea di città, esaltandola a modello che coniuga competitività e digitalizzazione prestando attenzione al capitale umano e alle risorse naturali; tale impostazione presenta non poche criticità rispetto al tema dell’uguaglianza e della giustizia sociale.L’idea di smart city, infatti, porta con sé una impostazione utile al capitalismo finanziario e non alle zone più periferiche della città, contemplate in tale visione di città solo se strumentali agli interessi economici ed in ogni caso sempre nell’ottica del cittadino consumatore.

Infatti la smart city riguarda per lo più i centri urbani perché essi sono funzionali all’idea di competitività, escludendo di fatto i quartieri periferici e le persone che li abitano.Se la smart city la si analizza solo dal punto tecnologico dobbiamo fare i conti con il divario digitale che esiste in città in relazione al territorio ed in relazione ai redditi dei cittadini, nonché con le disparità generazionali nell’utilizzazione di tali mezzi.

È evidente che 𝗹𝗮 𝘀𝗺𝗮𝗿𝘁 𝗰𝗶𝘁𝘆 𝗻𝗼𝗻 𝗽𝘂𝗼̀ 𝗲𝘀𝗮𝘂𝗿𝗶𝗿𝘀𝗶 𝗻𝗲𝗹𝗹’𝗮𝘀𝘀𝗶𝗰𝘂𝗿𝗮𝗿𝗲 𝗹’𝗮𝗰𝗰𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗮𝗶 𝘀𝗲𝗿𝘃𝗶𝘇𝗶 𝗶𝗻𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮𝘁𝗶𝗰𝗶 poiché 𝗲̀ 𝗻𝗲𝗰𝗲𝘀𝘀𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗳𝗼𝗿𝗻𝗶𝗿𝗲 𝗮𝗶 𝗰𝗶𝘁𝘁𝗮𝗱𝗶𝗻𝗶 𝘂𝗻𝗮 𝗿𝗲𝘁𝗲 𝗱𝗶 𝗿𝗲𝗹𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗿𝗲𝗻𝗱𝗼𝗻𝗼 𝘀𝗲𝗿𝘃𝗶𝘇𝗶 𝗰𝘂𝗹𝘁𝘂𝗿𝗮𝗹𝗶, 𝘀𝗼𝗰𝗶𝗮𝗹𝗶, 𝗲 𝘀𝗽𝗼𝗿𝘁𝗶𝘃𝗶.

Anche se consideriamo la smart city nella sua accezione più ampia, sussistono delle problematicità, perché spesso i proclami contenuti in essa, tra cui la sostenibilità urbana, si traducono in meri slogan se non si considerano adeguatamente le ragioni delle disuguaglianze.

Di conseguenza, il punto di partenza per una smart city deve essere quello di tenere in considerazione le persone (art. 2 Cost.) e non la competitività, il motore della smart city deve essere l’eguaglianza di cui all’art. 3.𝗔𝗹 𝗱𝗶 𝗳𝘂𝗼𝗿𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗼𝘀𝗽𝗲𝘁𝘁𝗶𝘃𝗮 𝗰𝗼𝘀𝘁𝗶𝘁𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗹𝗮 𝘀𝗺𝗮𝗿𝘁 𝗰𝗶𝘁𝘆 𝗻𝗼𝗻 𝗲̀ 𝘂𝗻𝗮 𝗰𝗶𝘁𝘁𝗮̀ 𝗴𝗶𝘂𝘀𝘁𝗮.

Giuseppe Libutti, candidato al comune di Roma con Sinistra Civica Ecologista