Con l’Ordinanza del 10.10.2018, n. 25052, la Suprema Corte torna a pronunciarsi su un tema di rilevante importanza quale è quello dell’occupazione senza titolo.
La vicenda processuale vede un cittadino ricorrere in giudizio al fine di dichiarare l’intervenuta usucapione di un terreno.
Si costituivano in giudizio le controparti, le quali in via riconvenzionale chiedevano il rilascio di detti terreni.
Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda riconvenzione e condannava il ricorrente al rilascio dei terreni ed al risarcimento del danno.
Anche la Corte di Appello confermava la Sentenza di primo grado.
Alla base di dette decisioni vi era l’assunto che non fosse stata fornita la prova dell’usucapione.
La Corte qualificava, altresì, la domanda riconvenzionale come una domanda di illegittima occupazione, escludendo che fosse mai stata chiesto l’accertamento della proprietà.
Avverso la pronuncia della Corte di Appello veniva proposto ricorso per Cassazione.
I motivi del ricorso si basavano sostanzialmente sulla qualificazione dell’azione promossa, la quale secondo i ricorrenti per cassazione doveva qualificarsi come azione di rivendica e non come azione di rilascio, così come qualificata dai giudici dei primi due gradi.
Secondo i ricorrenti, quindi, sarebbe stato necessario applicare il regime probatorio di cui all’art- 948 c.c., per provare la proprietà dei terreni per cui è causa.
Al riguardo i Giudici si Piazza Cavour hanno statuito che il giudice di prime cure non ha omesso l’esame della domanda di rivendica, ma ha ritenuto che la domanda riconvenzione fosse da qualificarsi come azione per il rilascio di terreni e, quindi, un’azione di natura personale.
Il Supremo Collegio ha statuito sul punto il seguente principio di diritto: “l’azione personale di restituzione è destinata a ottenere l’adempimento dell’obbligazione di trasferire una cosa che è stata in precedenza volontariamente trasmessa dall’attore del convenuto, in forza di negozi quali la locazione, il comodato, il deposito e così via, che non presuppongono necessariamente nel tradens la qualità di proprietario.
Essa si distingue dall’azione di rivendicazione, con la quale il proprietario chiede la condanna al rilascio o alla consegna nei confronti di chi dispone di fatto del bene nell’assenza anche originaria di ogni titolo.
In questo caso la domanda è tipicamente di rivendicazione, poiché il suo fondamento risiede non in un rapporto obbligatorio inter partes, ma nel diritto di proprietà tutelato erga omnes, del quale occorre quindi che venga data la piena dimostrazione, mediante la probatio diabolica.”.
La corte, quindi, si pronunciava rigettando il ricorso per Cassazione.
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