Con sentenza del 29.07.2021, n. 21761, la giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite
ha definitivamente avallato la possibilità di poter trasferire i diritti reali in sede
di separazione consensuale, ponendo fine ad un’annosa querelle dottrinale e
giurisprudenziale. Analizziamone i requisiti necessari che la giurisprudenza ha provveduto
ad affermare in un lungo percorso evolutivo.
Come noto, attraverso la separazione consensuale i coniugi, con accordo congiunto,
definiscono l’affidamento dei figli e le condizioni economiche in ragione della sospensione
del rapporto matrimoniale. L’art. 158 c.c. prescrive che la separazione per il solo consenso
dei coniugi non ha effetto senza l’omologazione del giudice competente all’esito del
procedimento disciplinato dall’art. 711 c.p.c..
In virtù del principio di autonomia negoziale ex art. 1322 c.c. il giudice adito può sindacare
il contenuto di tale accordo soltanto nel caso in cui esso – relativamente all’affidamento e
al mantenimento dei figli – sia in contrasto con il loro interesse: in tale evenienza il giudice
riconvoca i coniugi al fine di trovare un’idonea soluzione e, in caso di impossibilità a
procedere in tal senso, può rifiutare l’omologazione. Nessuna contestazione può avvenire,
invece, con riferimento al trasferimento dei diritti reali che non siano in contrasto con
l’interesse della prole. Trova inoltre applicazione l’art. 70 c.p.c. per quanto riguarda
l’intervento del pubblico ministero.
Oggetto di annoso dibattito è stato il contenuto dell’accordo di separazione/divorzio
congiunto con particolare riferimento alla possibilità dello stesso di prevedere il
trasferimento dei diritti reali. Segnatamente la giurisprudenza ha individuato un
“contenuto essenziale” e “contenuto eventuale” (recepito dalla sentenza Cass.
3.12.2011 n. 15231 e ribadita successivamente: Cass. 19.08.2015, n. 16909; Cass.
22.11.2007, n. 24321).
Il contenuto necessario concerne ciò che naturalmente nell’accordo di separazione/divorzio
viene regolato. Nello specifico: il consenso a vivere separati, l’affidamento dei figli,
l’assegnazione della casa familiare in funzione del preminente interesse della prole e
l’eventuale previsione di un assegno di mantenimento a carico di uno dei coniugi a favore
dell’altro. Il contenuto eventuale ricomprende, invece, i patti che, pur trovandosi ad essere
posti in essere in occasione della separazione, avrebbero potuto costituire un contenuto
autonomo. E’ questo il caso degli accordi patrimoniali che i coniugi si trovano a concludere
in relazione all’instaurazione di un regime di vita separata.
Un primo orientamento sosteneva l’impossibilità di introdurre in sede separazione
consensuale o divorzio congiunto i trasferimenti immobiliari, affidando tale
compito soltanto al notaio.
Un secondo orientamento, pur ritenendo valido ed immediatamente traslativo l’accordo in
sede di separazione consensuale o divorzio congiunto in tema di trasferimento di diritti
reali, affermava la necessità di procedere in due fasi. Consisteva, dunque, nel
prevedere una prima fase, relativa all’accordo di separazione, concernente soltanto
l’obbligo di trasferire in sede giudiziale i diritti reali in oggetto e, una seconda fase, con la
redazione dell’atto notarile in esecuzione all’obbligo assunto.
L’orientamento più recente aveva previsto, invece, l’immediata efficacia traslativa
dell’accordo congiunto ed omologato, in ragione della riconducibilità di tale negozio
all’accordo tipico derivante dall’art. 711 c.p.c. e 4 comma 16 L. 898/70 (in quanto
contratto di definizione della crisi coniugale o contratti post-matrimoniali).
La giurisprudenza di legittimità è intervenuta più volte al fine di definire e circoscrivere la
questione in oggetto.
In primo luogo, la Suprema Corte affermato che il verbale in cui le parti esprimono le
condizioni di separazione personale costituisce, dopo l’omologa ed in quanto atto
pubblico, titolo per la trascrizione, a norma dell’art. 2657 c.c. (ex pluribus Cass.
25.10.2019, n. 27409; Cass. 15.04.2019, n. 10443).
Infine si sono pronunciate le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza del
29.7.2021, n. 21761, che hanno definitivamente consolidato l’orientamento più recente e
hanno fornito alcuni chiarimenti al fine di conferire certezza e regolarità ai trasferimenti
immobiliari avvenuti durante gli accordi di separazione.
Segnatamente la pronuncia in commento ha statuito che tali accordi, per avere efficacia
traslativa ed essere oggetto di trascrizione, devono contenere i requisiti sostanziali e
necessari previsti dalla legge: dunque gli adempimenti previsti dall’art. 29, co. 1 bis
della Legge n. 52 del 1985, ricadendo così in capo alle parti l’onere di allegare la
documentazione richiesta a pena di nullità. La Suprema Corte precisa che la nullità
prevista dall’art. 29, co. 1 bis della Legge n. 52 del 1985 è una nullità testuale, che si
verifica quando manchino i seguenti elementi:
l’identificazione catastale;
il riferimento alle planimetrie depositate in catasto;
la dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e
delle planimetrie (tale dichiarazione può essere sostituita da
un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla
presentazione degli atti di aggiornamento catastale).
MASSIME:
“In tema di divorzio, sono valide le clausole dell’accordo di divorzio a domanda congiunta,
o di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà
esclusiva di beni mobili o immobili, o di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento
a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento” (Cass. S.U.
29.07. 2021, n. 21761).
“Le clausole dell’accordo di separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta,
che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni – mobili o
immobili- o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di
uno di essi o dei figli al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il
predetto accorso, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e
destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex
art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo il
decreto di omologazione della separazione o la sentenza di divorzio, valido titolo per la
trascrizione ex art. 2657 c.c., purchè risulti l’attestazione del cancelliere che le parti
abbiano prodotti gli atti e rese le dichiarazioni di cui all’art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52
del 1985, come introdotto dall’art. 19, comma 14, del d.l. n. 78 del 2010, conv. Con modif.
dalla l.n. 122 del 2010, restando invece irrilevante l’ulteriore verifica circa gli intestatari
catastali dei beni e la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari” (Cass. S.U.
29.07. 2021, n. 21761).
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