ITALIA OGGI
Governance della giustizia, ai legali un ruolo chiave
Avvocati centrali nella governance della giurisdizione. Da qui la necessità di coinvolgerli nell’attività dei consigli giudiziari, chiamandoli a partecipare alla governance della giurisdizione stessa. Ripensare anche l’idea di organizzazione del lavoro, che riguarda i magistrati secondo una leadership nei vertici apicali degli uffici giudiziari, capace di razionalizzare meglio i carichi di ogni singolo ufficio. Questi i punti di partenza per iniziare a risolvere le criticità legate alla giustizia civile in Italia, ad avviso dell’Associazione nazionale forense che, nei giorni scorsi, ha preso parte al XXI Congresso nazionale di Magistratura democratica che ha avuto luogo a Bologna. «Solo una visione condivisa dell’idea di giustizia e del modo di organizzarla a favore e negli interessi del cittadino può dare concreti risultati», ha spiegato a ItaliaOggi il segretario generale di Anf Luigi Pansini, «l’esempio più eclatante è dato dal Pct. Inoltre, il costante richiamo in tutti gli uffici giudiziari alle best practices, che il più delle volte vedono coinvolti magistrati, avvocati e operatori, dimostrano quanto sia importante la condivisione di un’idea o di un progetto di giustizia. Se così stanno le cose», ha proseguito Pansini, «è inevitabile che gli avvocati, che sono di fatto coprotagonisti nella governance della giurisdizione, possano partecipare all’attività dei consigli giudiziari, svolgere le relative funzioni e partecipare alla governance della giurisdizione a livello locale». La cooperazione, quindi, come chiave di volta per affrontare di petto i tempi della giustizia. E anche sul fronte della domanda Pansini ha le idee chiare. «Limitarsi a sostenere che il numero dei procedimenti dipende dal numero degli avvocati, che il carico di lavoro dei magistrati è eccessivo e che, quindi, introducendo il numero chiuso a giurisprudenza gli avvocati diminuirebbero, i redditi aumenterebbero e i procedimento calerebbero è assai riduttivo. Deve essere preso in considerazione il dato in base al quale», ha spiegato Pansini, «è la p.a. che detiene il primato dei procedimenti in cui è coinvolta, inoltre, è la magistratura onoraria, e non quella togata, ad assorbire più della metà del contenzioso civile. A tutto ciò si affianca il fatto che la domanda di giustizia è cresciuta anche per la consapevolezza da parte dei cittadini dei loro diritti senza contare che, una legislazione farraginosa, comporta l’automatico intervento del giudice. La tesi, quindi, di eccessiva litigiosità degli italiani è priva di fondamento in quanto l’indice elaborato nel 2012 dalla Cepej evidenzia un valore medio (2.613 procedimenti su 100 mila abitanti) pressoché uguale alla Francia (2.575), sebbene i tempi medi di risoluzione italiana siano più alti. Inoltre», ha concluso il segretario generale di Anf, «poiché il numero degli avvocati francesi è inferiore a quello degli italiani ma il tasso di litigiosità francese è quasi uguale a quello italiano, il tasso di litigiosità e il numero dei procedimenti non dipendono nemmeno dal numero degli avvocati italiani».