Mercoledì il vertice MGA-Cassa Forense sul progetto di riforma del sistema previdenziale e assistenziale
Abolire i contributi minimi obbligatori alla Cassa Forense e prevedere un sostegno per gli avvocati in stato di bisogno solo in base all’Iseo. Sono due delle principali proposte che saranno discusse il 22 febbraio durante l’incontro che vedrà una delegazione dell’associazione M.G.A. (Mobilitazione Generale degli Avvocati) di fronte ai vertici di Cassa Forense per parlare delle proposte avanzate dall’associazione stessa e riguardanti, in via generale la “riforma previdenziale in senso contributivo-solidaristico”. Un incontro considerato “fondamentale” per tutti gli avvocati portatori di redditi bassi (0-10.600 euro) e medio bassi (10600-19000), secondo i dati reddituali sono tratti dall’indagine di Cassa Forense “I numeri dell’avvocatura 2015”. La vertenza, spiegano gli esponenti di M.G.A., “concernerà il tentativo di riportare ad equità il sistema previdenziale forense”, poiché l’associazione ritiene “che i contributi minimi previdenziali scollegati dal reddito imposti da Cassa Forense siano una stortura, e che in essi si celi un tentativo di selezione censitaria della categoria”. Visto il ritenuto “sbilanciamento” a favore degli avvocati produttori di redditi alti e medio alti, l’obiettivo di M.G.A. è quello di perseguire “una politica previdenziale che delinei un sistema sostenibile, solido, e soprattutto solidale ed equo”, per cui si rende necessaria “una riforma sistemica e strutturale che riguardi non solo il sistema previdenziale e assistenziale ma anche l’ente Cassa in quanto tale”. Il progetto di riforma della Cassa Forense e del sistema previdenziale e assistenziale forense elaborato da M.G.A. è stato già presentato al Congresso Nazionale Forense di Milano, Bari e Rimini, e si struttura su tre capisaldi.
Riforma del sistema previdenziale
Particolare attenzione riveste la riforma del sistema previdenziale nello schema progettuale predisposto da M.G.A., che propone l’abolizione dei contributi minimi obbligatori e la determinazione del contributo soggettivo applicando a ogni scaglione o fascia reddituale un’aliquota che andrà determinata in maniera progressiva ed equitativa. Ancora, si auspica l’adozione del sistema di calcolo contributivo, “salvaguardando il principio solidaristico e le sue applicazioni”: la proposta intende applicare specifici correttivi solidaristici al sistema contributivo, che verranno finanziati aumentando la pressione previdenziale sui redditi alti e medio – alti. Oltre alla richiesta di aumento dei contributi previdenziali su queste fasce di reddito, emerge la possibilità di introdurre un vero e proprio contributo di solidarietà per i redditi superiori a Euro 250.000 e a carico delle pensioni più alte, liquidate con il precedente sistema retributivo. Con queste risorse, propone M.G.A., si potrebbe correggere il sistema di calcolo contributivo finanziando un trattamento minimo pensionistico garantito anche agli avvocati che abbiano maturato un montante contributivo insufficiente e non abbiano raggiunto i 35 anni di contributi; estendendo i trattamenti assistenziali e reintrodurre la restituzione dei contributi soggettivi versati, per coloro che si cancellano dalla Cassa Forense entro l’ottavo anno d’iscrizione e che non abbiano mai dichiarato un reddito superiore a Euro 10.600,00. Ancora, per quanto riguarda le pensioni, l’associazione sostiene l’introduzione della cancellazione dall’albo degli avvocati come requisito essenziale per aver diritto alla pensione di vecchiaia, come avviene per la pensione di anzianità. Infine, emerge la richiesta di eliminazione delle sanzioni per le morosità nel pagamento dei contributi previdenziali maturate dagli avvocati portatori di redditi fino a Euro 10.600,00 e della riduzione alla metà per quelli portatori di redditi fino a Euro 19.857,00. La struttura organizzativa e amministrativa della Cassa Forense. Per M.G.A. è necessario che la Cassa Forense “imponga a se stessa una rigida politica di austerity con un drastico taglio alle spese di amministrazione e di gestione e ai costi non essenziali, con il risparmio delle risorse connesso all’ottimizzazione del loro impiego”. Tra le soluzioni proposte per risolvere il “conflitto inter-generazionale ed inter-reddituale” esistente, si propone la drastica riduzione della misura delle indennità di carica spettanti annualmente al Presidente, al Vice Presidente, ai componenti del Consiglio di Amministrazione, ai Sindaci e al Direttore Generale di Cassa Forense. Ancora, la proposta prevede di eliminare le spese e i costi non essenziali, nonché un “calmieramento delle spese di viaggio e di soggiorno e di ogni altra spesa rimborsabile per lo svolgimento di ogni incarico e/o partecipazione a congressi, convegni e manifestazioni indetti dalla Cassa” Stante le esigenze di trasparenza ed equità perseguite dal progetto, nel progetto si chiede la pubblicazione di una serie di documenti sul sito della Cassa, ossia tutti i verbali relativi alla riunioni degli Organi Collegiali, i documenti relativi le indennità e ogni voce di spesa comunque attinente agli organi di amministrazione e di controllo, i bilanci preventivi, le delibere e gli atti dispositivi rilevanti per il funzionamento della gestione di Cassa Forense e del report A.L.M. (per la gestione della passività e dei rischi).
Riforma del sistema assistenziale
Infine, quanto alla riforma del sistema assistenziale, la proposta mira a eliminare ogni discrezionalità della Cassa Forense quanto al riconoscimento dei trattamenti assistenziali, che dovrà, invece, essere eseguito solo ed esclusivamente sulla base di criteri predeterminati e oggettivi, quali l’ISEE. A tal proposito, si chiede riconoscersi il trattamento assistenziale a favore degli avvocati in stato di bisogno, ossia coloro che hanno redditi non superiori a Euro 19.857,00: il trattamento, si chiede, dovrà essere subordinato alla sola esistenza di un reddito rientrante in quella fascia, accertato mediante ISEE, e andrà erogato fino all’esaurimento dei fondi disponibili. A tal fine, il progetto richiama i principi sanciti dalla sentenza n. 807/16 del Tribunale di Trani – Sezione Lavoro.
Tratto da ANAI