Cassazione Civile, Sez. I, Sentenza 7 maggio 2019, n. 12021
La Sentenza in esame si pone esattamente nel solco tracciato dalla ormai nota Pronuncia a Sezioni Unite n. 18287 dell’11 luglio 2018.
Le eccezioni sollevate dalla ricorrente nel giudizio de quo erano incentrate principalmente sullo squilibrio di reddito tra gli ex coniugi.
Come da preciso orientamento giurisprudenziale, il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non ha più autonomo rilievo per la determinazione dell’assegno di divorzio.
Nel caso di specie i Supremi Giudici hanno rigettato le domande della ricorrente, poiché hanno riconosciuto come valore determinante la stabilità lavorativa di cui godeva (con conseguente innalzamento dei suoi redditi).
Ulteriormente, è stato riconosciuto valore giuridico al fatto che l’ormai ex coniuge doveva mantenere un figlio nato da una nuova relazione.
Valore decisivo, però, è stato dato alla mancata prova relativa al “contributo personale ed economico dato da ciascuno dei coniugi alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune” così come riconosciuto dal comma 6 dell’art. 5 della legge divorzile.
Quanto all’aumento del reddito da parte,
È stato, inoltre, riconosciuto che l’aumento del reddito del richiedente l’assegno di mantenimento è elemento idoneo a ridurre lo squilibrio economico e ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa.
La nascita di un figlio costituisce una circostanza che ricopre valore giuridico nella determinazione dell’assegno, in quanto tutti i figli devono avere medesimi diritti ed uguale tutela (viene nel caso di specie anche richiamata la normativa sovrannazionale e nello specifico l’art. 8 della CEDU).
Pur richiamando i menzionati principi, la Sentenza in esame ribadisce l’importanza fondamentale della durata della vita comune e del contributo fornito alla famiglia.
Nello specifico, il contributo fornito in costanza di matrimonio deve andare ben oltre l’elementare adempimento del reciproco dovere di sostegno, e deve consistere nella dimostrazione che nello svolgimento dei compiti familiari vi sia stato un rilevante squilibrio e che in ragione di esso uno dei coniugi abbia potuto dedicarsi con maggiore disponibilità di tempo alla propria carriera, traendone vantaggi di cui non è giusto che ne tragga profitto solo uno al momento di scioglimento del matrimonio.
Tale dimostrazione non può basarsi su presunzioni, se non nel caso in cui a lavorare è uno solo dei coniugi e l’altro si occupa unicamente della famiglia.
La dimostrazione di quanto sin qui detto può essere quindi fornita con gli ordinari mezzi previsti dal Codice Civile compresa la prova testimoniale di chi conosceva direttamente il ménage familiare.
Avv. Giuseppe LIBUTTI Dott. Michele TROTTA