Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate sulla disciplina dell’assegno divorzile prevista dall’art. 5 comma 6 della L. n. 898/1970 stabilendo i criteri da seguire per la determinazione dei presupposti e della misura dell’assegno divorzile.
Fatto
La vicenda ha ad oggetto la determinazione dell’assegno divorzile ex art. 5 comma 6, L. n. 898/1970 a seguito del divorzio di due coniugi.
La Corte di Appello adìta, riformava la Sentenza di primo grado e negava alla ex moglie il diritto a percepire l’assegno di divorzio in applicazione del principio sancito in giurisprudenza dalla Suprema Corte con la Sentenza 10.5.2017 n. 11504.
La Corte, pur riconoscendo una sperequazione delle capacità economiche e patrimoniali in favore dell’ex marito, negava l’attribuzione dell’assegno alla ex moglie, poichè ella era autosufficiente economicamente.
Diritto
La questione posta all’attenzione della Corte ha evidenziato la sussistenza di un contrasto nella giurisprudenza di legittimità tra due diversi orientamenti, ragione per la quale i Supremi giudici ripercorrono il quadro normativo e giurisprudenziale in materia di assegno di divorzio.
L’art. 5, comma 6 Legge 1 dicembre 1970, n. 898, nella sua formulazione originaria prevedeva una duplice distinzione: 1) criteri attributivi dell’assegno (nel cui ambito rientrano le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione); 2) criteri determinativi (che si sostanziano nel contributo personale ed economico dato alla famiglia).
Tale impostazione aveva il difetto di lasciare una grande discrezionalità ai giudici di merito; per tale ragione la norma in esame fu modificata dalla Legge n. 74 del 1987.
Dalla novella del 1987 in poi, la Giurisprudenza è rimasta “fedele” per oltre un trentennio all’impostazione che vuole che l’assegno divorzile abbia carattere esclusivamente assistenziale e debba permettere all’ex coniuge di conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.
Quest’orientamento è rimasto pressoché inalterato fino alle Sentenza del 10.5.2017 n. 11504, la quale statuiva che il parametro dell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge deve essere valutato tenendo conto della non autosufficienza del coniuge stesso.
Le Sezioni Unite (11 luglio 2018 n. 18287), dunque hanno esaminato le evoluzioni normative e giurisprudenziali evidenziandone i punti critici, concludendo di dover abbandonare la rigida distinzione tra criteri attributivi e determinativi dell’assegno di divorzio, alla luce di una lettura costituzionalmente orientata del comma 6, dell’art. 5.
Di conseguenza, l’assegno divorzile deve essere quantificato tenuto conto del contributo fornito dal richiedente all’interno della vita familiare, delle aspettative lavorative sacrificate, della durata del matrimonio e dall’età del richiedente.
Bisognerà, però, tenere conto anche della concreta possibilità di recuperare al pregiudizio subito, attraverso l’assunzione di un diverso impiego.
La conclusione cui giungono le Sezioni Unite è coerente anche con il quadro legislativo dei principali paesi europei.
Non resta che aspettare di vedere come i giudici di merito applicheranno il “nuovo” principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite. Avv. Giuseppe LIBUTTI Dott. Michele TROTTA