Tribunale Civile di Roma, Ord. 8.2.2021 n. 4121/20
Il Tribunale di Roma torna sulla ormai nota vicenda delle riacquisizioni in autotutela del patrimonio conseguenti alla deliberazione n. 140 del 2015.
La pronuncia si pone nel solco degli ormai numerosi precedenti sia dello stesso Tribunale di Roma sia di ulteriore autorevole giurisprudenza, i quali sanciscono l’illegittimità della riacquisizione in autotutela del patrimonio disponibile.
Infatti, affinché la detta riacquisizione possa configurarsi legittima “deve sussistere il doppio requisito della manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico e, perciò, un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio, e dell’effettiva ed eventuale destinazione del bene al pubblico servizio” (per tutte Cass. Civ., Sez. Un. Ord. 25.3.2016, n. 6019).
Nel caso di specie è stato accertato che l’immobile è stato assegnato in stato degrado e, di conseguenza, reso fruibile alla cittadinanza solo grazie al lavoro dei volontari dell’associazione, ragione per la quale l’amministrazione non può legittimamente agire utilizzando l’autotutela.
Da ciò discendono ulteriori considerazioni.
La Delibera posta alla base della riacquisizione (n. 140 del 2015), oltre a far riferimento in maniera impropria ai beni comuni, si basa su una divisione codicistica tra patrimonio disponibile ed indisponibile. È da osservare che di detta divisione, presente nel codice civile promulgato nel 1942, non vi è traccia nella Costituzione, la quale menziona la proprietà pubblica, privata e la funzione sociale di quest’ultima.
Di conseguenza, appare ingiustificata e superata la divisione catastale tra disponibile ed indisponibile che può essere solo fonte di disparità tra le associazioni assegnatarie del patrimonio comunale, le quali potranno continuare la propria attività solo se assegnatarie del patrimonio indisponibile; in caso contrario dovranno abbandonare gli spazi, così come deriverebbe dalla delibera in questione.
Inoltre, per quanto affermato nella delibera 140/2015, sarebbe corrispondente al principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) verificare l’appartenenza catastale prima di agire in autotutela e quindi valutare anche lo stato degli immobili al momento dell’assegnazione, per evitare di incorre in pronunce di illegittimità che si ripercuotono in maniera negativa su tutti i cittadini.
Avv. Giuseppe LIBUTTI